Killer Frequency è un’avventura horror in stile anni ’80 sviluppata da Team17. Il gioco ti mette nei panni di un DJ di mezzanotte che riceve – in modo assurdo – tutte le chiamate d’emergenza della città. L’atmosfera retrò funziona, il concept è intrigante, ma il gameplay mostra limiti evidenti fin da subito.
In questa recensione di Killer Frequency analizziamo trama, gameplay, punti forti e deboli, includendo anche le nostre impressioni dirette.
Trama e ambientazione
L’avventura di Killer Frequency parte bene: un vicolo buio, un mini-tutorial rapido e una grafica piacevole che richiama perfettamente l’estetica del 1987. Purtroppo, dopo questa breve introduzione, si entra nello studio radiofonico… e da lì non si esce praticamente più.
La polizia dirotta verso di te tutte le chiamate del 911 – scelta volutamente sopra le righe – costringendoti a guidare le potenziali vittime del serial killer “Whistling Man” attraverso decisioni critiche.
Atmosfera riuscita, idea interessante, ma ambientazione limitata al solo studio.
Gameplay: un punta e clicca che diventa presto monotono
Killer Frequency propone puzzle ed enigmi gestiti tramite telefono, mappe, cassette e documenti sparsi nello studio. Il problema è che l’intera esperienza rimane chiusa in poche stanze, rendendo il gameplay statico.
Le nostre impressioni dirette
Dopo circa un’ora, il ritmo lento e la mancanza totale di esplorazione hanno iniziato a pesare.
La noia cresce rapidamente: più volte ho rischiato di addormentarmi, nonostante il concept iniziale fosse promettente.
Cosa funziona
- Atmosfera anni ’80 credibile
- Audio e doppiaggio eccellenti
- Puzzle semplici e accessibili
- Buona premessa narrativa
Cosa non funziona
- Si resta chiusi nello studio per l’intero gioco
- Ritmo molto lento
- Rigiocabilità scarsa
- Longevità ridotta (4–6 ore)
- Premessa delle chiamate 911 esageratamente forzata
Grafica e sonoro
Visivamente Killer Frequency utilizza uno stile pulito e retrò, efficace per raccontare un horror leggero. La grafica non punta al realismo, ma funziona per l’ambientazione.
L’audio invece è eccellente: doppiaggi convincenti, musiche ’80, effetti sonori che creano tensione meglio della parte visiva.




